La Storia

Non esisteva San Giuseppe lì Mortilli (oggi Jato), fondata nel 1789, ne tantomeno San Cipirello. Esisteva il fondaco Mortilli, che troviamo documentato anche attorno al 1500, in corrispondenza dell’attuale centro abitato. Sappiamo inoltre che nella parte est dell’attuale San Cipirello esisteva la masseria di Giovan Vicario. Notare che il Monte Jato è chiamato Monte Mori: quasi certamente una reminiscenza della presenza araba sul monte. Il progetto, redatto dall’architetto Francesco Savarino, prevedeva la realizzazione di 8 piazze.

Le uniche realizzate sono quelle antistante l’attuale Chiesa Madre e la piazza al centro dell’abitato (chiamata oggi “la piazzetta“). Le strade, in funzione della larghezza, erano distinte in strade di prima, di seconda e di terza classe. In corrispondenza delle due piazze d’angolo 4/X erano previsti due abbeveratoi da alimentare con acqua proveniente dalle sorgenti al di fuori del centro abitato. In fase esecutiva sono state eliminate le strade a fondo cieco. A circa 50 anni dalla propria fondazione il centro abitato presenta già la configurazione attuale caratterizzata da due assi principali: Via Roma (che allora si chiamava corso Laurino e, dopo il 1870, via XX Settembre in ricordo dell’entrata a Roma dei bersaglieri italiani) e via Belli – Via Garibaldi.

La storia del centro di San Cipirello è legata a quella del limitrofo San Giuseppe lì Mortilli (oggi Jato). Anteriormente alla nascita dei due comuni il territorio, seppure non intensamente, risulta abitato nel corso del tempo senza soluzione di continuità: ne sono testimonianza la permanenza di moltissimi toponimi che affondano le radici nell’epoca medievale e, soprattutto, alcuni documenti d’archivio. Il toponimo Jato risulta documentato nel corso del tempo: in un atto di concessione del 1455 è riportata una Traversa di Yatu; nel 1500 il mulino di Jato e il monastero dei Santi Cosma e Damiano in Monte Jato. Sul territorio non esiste un grosso centro abitato ma un insieme di casali costituenti centri di aggregazione di diversi feudi. Nel 1459 il feudo della Traversa, con annesse costruzioni, è posseduto da Luciano Baldaura.

L’11 marzo 1838 una tremenda frana faceva scoscendere verso valle buona parte del comune di San Giuseppe Iato che allora contava quasi 5000 abitanti. Piuttosto che ricostruire il comune nello stesso sito si decise, con l’avallo del Governo, di utilizzare un sito molto più stabile: quello attuale di San Cipirello. Lo scopo non era di creare un nuovo comune, ma di trasferire quello esistente. Il risultato fu tutt’altro. Beghe e contrasti tra alcune famiglie ma soprattutto tra preti e corporazioni religiose determinarono una situazione di conflittualità tale che il ricorso alla violenza, per molti anni, divenne usuale. I due preti di San Cipirello, don Paolino Crimaudo e don Giacinto Lo Monaco, vennero sospesi a divinis.

Lettere anonime, minacce, furti e trafugazioni (la pietra di intaglio nel feudo della Chiusa, preparata per la nuova Madrice di San Giuseppe Iato, in realtà venne utilizzata, senza autorizzazione, per quella di San Cipirello) caratterizzarono i rapporti tra i due centri sino alla dichiarazione di comune autonomo di San Cipirello nel 1864. Il Monte Iato si erge a circa trenta chilometri a sud-ovest di Palermo

. Ultima propaggine a sud della catena di montagne che separava la Conca d’Oro dall’interno dell’isola, esso domina la valle del fiume Iato che sfocia nel golfo di Castellammare. Dalla cima, situata a 852 m., si gode un ampio panorama che si estende ad ovest fino al mare. Formato su tre lati di ripidi pendii rocciosi, il Monte Iato è praticabile solo attraverso un pianoro contiguo, ad est. Per questa sua configurazione si presta quindi benissimo come area di insediamento sicura. Monte Iato fu abitato a partire dagli inizi del primo millennio a.c., nonostante l’abitudine e le condizioni climatiche difficili. Siti analoghi si trovano anche nei dintorni: alcuni noti, come Segesta o Eryx (oggi Erice), altri evidenziati da recenti scavi, come Monte Castellazzo di Poggioreale, Monte Adranone vicino Sambuca, altri finora poco studiati come Monte d’Oro di Montelepre.

Tutti questi insediamenti risalgono all’età protostorica. Molti di essi hanno vissuto a lungo, ma con vicende diverse. fra i siti protostorici della Sicilia occidentale Monte Iato è uno dei più interessanti, sia per le sue dimensioni che per la sua lunga vita. Slo qui si è attestato finora l’insediamento ininterrotto dall’epoca protostorica fino all’Alto Medioevo, senza che gli strati archeologici risultino sconvolti in epoche più recenti. Monte Iato si presta dunque particolarmente alla ricerca archeologica. La parte alta del Monte Iato è un vasto pianoro in pendenza verso sud. l’area urbana, parzialmente cinta di mura, misurava circa 40 ettari, con un dislivello di più di 100 metri. La superficie urbana non era, ovviamente, tutta ricoperta di costruzioni. L’osservazione del terreno ci fa supporre che occupati fossero nel periodo antico circa due terzi dell’area; rimase libera solo la parte ovest. Gli scavi si sono fino a oggi concentrati al centro della città greca e a un’area situata a 150 metri a ovest dove sono riemersi un tempio greco e una grande casa. L’asse principale di collegamento interno della città era una via lastricata, di cui si sono scavati tratti al centro e a sud della casa suddetta, come pure in punti intermedi. Partiva probabilmente dalla porta orientale della città, ma il suo tracciato preciso resta tuttora da scoprire.

Nel marzo del 1838 una frana distrugge circa due terzi del centro edificato costringendo una parte degli abitanti a trasferirsi verso Sud di alcune centinaia di metri: ha inizio così l’edificazione del Comune di San Cipirello.

Oggi in ambedue i comuni c’è la sensazione diffusa che il passato dei due centri abitati sia troppo recente per poterlo affidare alla storia. Certo! Se per storia si vuole intendere quella dei grandi fatti, quella che ci hanno insegnato a scuola, allora molto probabilmente è così. Ma se per storia proviamo anche ad intendere i fatti quotidiani del passato, la vita, il lavoro della gente comune, in poche parole, i fatti che non hanno fatto la Storia, allora ci accorgiamo che l’incidenza del nostro passato sul nostro presente è superiore a quella della storia dei grandi fatti. Certamente sulla vita degli abitanti di San Giuseppe Jato e San Cipirello ha inciso maggiormente la frana del 1838 che la Rivoluzione Francese, come pure l’apertura della strada di Portella della Paglia attorno al 1830 per i nostri abitanti sarà stata molto più importante dell’apertura del Canale di Suez o del traforo del Frejus.

Con la sola differenza che mentre un po’ tutti conosciamo la Rivoluzione Francese, l’apertura del Canale di Suez o il traforo del Frejus, sconosciamo invece il passato e la storia del territorio in cui viviamo. Se proviamo ad andare indietro nel tempo, oltre a conoscere il nostro più recente passato, scopriremo pure che la storia dei nostri centri abitati non inizia nel 1779 ma affonda le radici in tempi remotissimi quasi senza soluzione di continuità. Ad esempio vediamo qual è la situazione del nostro territorio anteriormente alla fondazione dei due comuni.

Nel 1459 il feudo della Traversa con annesse costruzioni è posseduto da Luciano Baldaura. Nel 1508 viene concessa licenza ad Alessandro Galletti ad edificare un mulino alla Chiusa a servizio degli abitanti di Piana degli Albanesi, o meglio com’era chiamata allora la Piana dei Nobili Albanesi. Agli inizi del 1600 una aliquota del feudo con annessa masseria di Picciana, corrispondente in parte con l’attuale San Cipirello, era posseduta da donna Maria Catalanotta; poi nel 1724 tale feudo veniva acquistato da Giovan Vicario del quale è sopravvissuto l’attuale toponimo Gianvicario. Il feudo Muffoletto veniva così denominato perché nel 1690 gli acquirenti risultavano Silvestro e Tommaso Muffuletto padre e figlio. Proprietario di un’altra porzione del territorio, dove attualmente sorge parte del Comune di San Cipirello, nel 1716 era Franciscus Reginella. Nel 1656 donna Margarita di Castiglia nominata “la Signura” acquistava quello che attualmente è denominato feudo “la Signora” con “case, torre sopra la porta del baglio, magazzini“. Nel 1593 il feudo Dammusi con baglio, torre, magazzini e case apparteneva a Lanzo Galletti, mentre nel 1590 il feudo Chiusa anch’esso munito di case e magazzini risultava in proprietà di Pietro Berlicca.

Particolarmente importante tra il 1584 e il 1596 risulta il feudo di Fellamonica. In esso un intraprendente enfiteuta, il pisano don Pietro De Opezzinghi, inizia una piantagione di riso su circa 50 ettari di terreno ottenendo dei risultati eccellenti. Contemporaneamente procede alla costruzione di varie strutture edilizie tra cui una cappella, case per gli operai, magazzini per il riso, per il frumento, per il vino, torre, stalle, stazzone, calcara, forno etc. dove abitano non meno di 40 persone.

Sarebbe lungo citare tutti i singoli centri e i loro proprietari. Possiamo accennare ad alcuni di essi che nel periodo dal 1400 al 1600 risultano abitati: BallettoBommaritoJannuzzoGinestra, FargioneVerzanicaPerniceArcivocaleCaggioPietralunga ecc.

Due strade, o meglio percorsi, molto importanti attraversavano il nostro territorio: la via da Palermo a Mazara e quella da Palermo a Calatrasi. Quest’ultima, quasi certamente nell’antichità, proseguiva sino a Selinunte. Ambedue le vie si congiungevano dove sorgono gli attuali comuni di San Giuseppe Jato e San Cipirello.

Proprio sul corso Umberto I a San Giuseppe Jato esisteva un fondaco dove sostavano i viandanti con gli animali. Ma oltre al fondaco detto “delli Mortilli” sono anche testimoniati alcuni magazzini e case d’abitazione già nel 1491: un anno prima della scoperta dell’America!

Bisogna precisare che solo dalla metà del secolo scorso il nostro comune si chiama San Giuseppe Jato. Originariamente si chiamava San Giuseppe li Mortilli: San Giuseppe perché il suo fondatore oltre a chiamarsi Giuseppe Beccadelli Bologna era anche devoto di San Giuseppe e Mortilli dal nome della contrada; a sua a sua volta la contrada si chiamava Mortilli perché in essa vi era una notevole produzione di Mirtilli: una pianta sempreverde le cui bacche anche oggi sono impiegate nella preparazione di sciroppi ed in cucina per aromatizzare la cacciagione. Il toponimo Mortilli lo troviamo testimoniato almeno dal 1455.

Nel marzo del 1838, come già detto, una frana distruggeva i due terzi del centro abitato. Se consideriamo che il numero di abitanti riportati nel censimento del 1831 era pari a 4096, ci rendiamo conto che il danno sarà stato notevole. Immediatamente si procedeva alla costruzione di un canalone drenante a monte dell’abitato: canalone, chiamato galleria, che ha salvaguardato buona parte di San Giuseppe Jato sino ai nostri giorni. Purtroppo alla successiva e notevole espansione del centro edificato non è corrisposto un consequenziale prolungamento di tale canalone col pericolo, sempre incombente , che la tragedia del 1838 possa ripetersi.

* Articolo di Gioacchino Nania ( Tratto dall’Opuscolo Da San Giuseppe Jato a San Cipirello )